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Novembre 4, 2014Gioia e Malinconia
Novembre 10, 2014Nel corso degli ultimi decenni i musicisti rock hanno avuto un occhio sempre più di riguardo alle tematiche ecologiste producendo canzoni dedicate alla salvaguardia dell’ambiente ma è vera convinzione o solo una strategia per essere più “politicamente corretti”? Il critico musicale Mark Beech analizza.
I Crowded House, tempo fa registrarono una canzone dove il ritornello diceva dovunque tu vai ti porti sempre il meteo con te riprendendo una vecchia frase che diceva: che tempo fa dalle tue parti? Il brano era anche un commento su quanto il clima sia in grado di influenzare le persone, in sostanza, siamo tutti metereopatici.
” Every where you go always take the weather with you”
Questo ritornello venne in seguito adottato da alcuni attivisti, che ancora lo usano, come inno per sottolineare il cambiamento dei modelli climatici. Molto è stato letto nelle liriche, dandogli un significato che forse non era quello originario. Certo è, che la band australiana ha sostenuto nel 2010 il sito web SoundEmissions.com, ma questo non significa che ogni singola cosa che i Crowded House abbiano presentato, volesse essere per forza, una dichiarazione ambientalista.
La canzone in questione è datata 1992, quando il fattore ambientale era già da tempo all’ordine del giorno. Ad esser sinceri, lo era già dai tempi di Woodstock, se non prima, solo che i successivi disastri ambientali come la fuoriuscita di petrolio nel 2010 nel golfo del Messico e la fuga nucleare nel 2011 a Fukushima in Giappone, hanno aumentato la consapevolezza della fragilità del nostro pianeta.
Dopo gli anni più caldi e umidi della storia, la crescita dei buchi dell’ozono e lo scioglimento delle calotte polari, c’è veramente da chiedersi “Che tempo fa dalle tue parti ?”
Il cambiamento climatico è diventato un tema consolidato nelle canzoni. Soprattutto da quando i media hanno iniziato a dedicare le prime pagine all’argomento, il lessico musicale ha puntato a creare, oltre che una coscienza, anche un impegno sociale sulle conseguenze reali dei fattori climatici.
Le star del rock che prima utilizzavano aerei privati, elicotteri e limousine ad alto consumo di combustibili fossili, ora tendono a proporsi al pubblico con un’immagine diversa, sono più attenti a questi eccessi inquinanti. Ecco che il collegamento tra il festival di Glastonbury e Greenpeace nel 2014 non e’ poi così sorprendente.
Negli articoli precedenti che ho scritto per Dantemag, ho parlato delle vecchie guardie del rock che si preoccupavano per il nostro futuro, da Neil Young con Greendale, Mother Earth, Fork in the Road a Joni Mitchell in Big Yellow Taxi, il messaggio è implacabile: “Certo riciclo; naturalmente conservo energia e sicuramente i miei tour sono ad emissioni zero … e’ una cosa naturale che ogni persona che si preoccupa per l’ ambiente deve fare, no?”
Esprimere questo genere di affermazioni è qualcosa di comune a tutte le stelle del rock sia del passato che più giovani. Forse non tutti ricordano che il primo artista per eccellenza che si è occupato di questo problema fu Pete Seeger scomparso, all’inizio di quest’anno, all’età di 94 anni. Egli cantava where are all the flowers’ gone (dove sono spariti i fiori)? Questo brano, che è forse la sua canzone più emblematica, è stato un altro pezzo adottato dagli ecologisti. Interessante è però chiedersi se di questi “slogan” se ne siano impadroniti per coerenza al loro significato o li abbiano strumentalizzati ad hoc.
Seeger dichiarò apertamente che questo testo rappresentava un commento sulla scomparsa di alcuni tipi di flora, l’idea in sé che l’aveva ispirato prendeva spunto da una canzone tradizionale russa, tratta dallo splendido romanzo di Mikhail Sholokhov “ Il placido Don”, pubblicato nel 1934 e che Seeger lesse a suo tempo:”Dove sono i fiori, le ragazze li hanno raccolti tutti. Dove sono le ragazze, hanno tutte preso marito. Dove sono gli uomini, sono tutti stati arruolati nell’esercito.”
Quando manifestanti si nasce manifestanti si resta! E lui di certo fu sempre un coerente sostenitore delle cause ambientali. Adottare un suo testo significava in automatico identificarsi con la causa ambientalista. Una mia amica che vive non lontano dalla ex casa di Seeger a Beacon, New York, ricorda che, nonostante egli avesse già compiuto gli ’80, la maggior parte dei sabati si metteva a Wappingers Falls, all’incrocio di vie 9 e 9D, con dei cartelli di protesta contro la guerra e l’inquinamento. Sperava, in cuor suo, che gli automobilisti nonostante un punto di transito veloce suonassero il clacson in segno di solidarietà.
La mia amica provava sincera tristezza nel vedere quanto la maggior parte degli automobilisti non lo degnassero di attenzione. Certamente se non riconoscevano lui, conoscevano le sue canzoni: If I Had a Hammer, che Rita Pavone riprese in italiano, con il titolo Datemi un martello (anche se con un testo diverso dall’originale) oppure la sua versione di We Shall Overcome.
Seeger non solo diede voce a messaggi sociali ma fu anche un pioniere nelle azioni di propaganda ambientalista come quando, all’apice della sua carriera nel 1960, costruì uno barca a vela sul fiume Hudson per sensibilizzare la gente contro l’inquinamento delle sue acque. Per la stessa ragione fu co-fondatore del Clearwater festival in sostegno a numerosi progetti di beneficenza con scopi ambientali e pacifisti. Solo per tutto questo avrebbe meritato di essere riconosciuto per strada! Seeger sapeva che il suo era un grido disperato, che doveva andare al di là delle 500.000 presenze che cantarono con lui in segno di protesta a Washington del 1969.
Probabilmente era ormai troppo tardi per insegnare ad una vecchia volpe i nuovi trucchi di Internet o Twitter ma possiamo giurare che, se avesse avuto il tempo di imparare ad usarli, sarebbe stato visto da milioni di persone in tutto il mondo, senza dover lasciare la propria casa per andare all’angolo della strada con i suoi cartelli.
Comunque sia, Seeger è riuscito a registrare molte canzoni a scopo ecologico. La sua Garden Song, ripresa anche da John Denver ne è un altro esempio. Le parole, scritte da David Mallet, sono filastrocche che un qualsiasi bambino canterebbe: “Centimetro per centimetro, riga per riga / Qualcuno benedica questi semi che pianto / La terra li riscaldi dal basso, finché la pioggia non arriverà.”
All’opposto della fascia di età di Seeger troviamo un esempio di “inno ambientalista” prodotto di recente da alcuni studenti che, per un progetto di scienze, hanno rielaborato il brano di Ke$ha Tik Tok chiamandolo Drip Drop. Un lavoro che di sicuro non vincerà alcun premio per le sue rime da quinta elementare ma che dimostra un impegno all’educazione ambientale. “Drip Drop! Ice will pop. You can’t clean it with a mop.No! (goccia dopo goccia il ghiaccio si scoglie ma non sarà possibile pulire con uno straccio.Ti pare?) Drip Drop ha delle buone intenzioni, è ben prodotto e si accompagna con un video divertente su YouTube. Nella canzone si suggeriscono semplici buoni consigli: “Non usate la macchina, andate in bicicletta / Smettetela di guidare, fate una passeggiata / Ridurre, riciclare e riutilizzare / Piantate degli alberi per favore. ”
In tutta obiettività abbiamo visto e sentito di peggio, ciò nonostante, alcuni brani sul genere hanno pure raggiunto posti notevoli nelle classifiche. Crazy Horses degli Osmonds è un primo esempio. Questo singolo del 1972 è ricordato come uno dei peggiori pezzi di chitarra heavy rock con testi stupidi. Un’altro brano non molto interessante è Nell’Anno 2525 di Zager e Evans, del 1960, ripreso in Italia da Caterina Caselli con il titolo Nel 2023. Perché il titolo sia stato cambiato dalla versione originale bisognerebbe chiederlo ai parolieri che hanno tradotto e adattato il testo; il motivetto comunque guardava al futuro lontano “se l’uomo sarà ancora vivo.”, in questo supposto scenario da incubo, “l’umanità ha sfruttato tutto ciò che poteva sfruttare dalla vecchia terra senza preoccuparsi di proteggerla”. Il ritornello è orecchiabile in modo quasi irritante.
Tornando ai big, Michael Jackson con la sua canzone Earth Song, superbamente ripresa da Andrea Faustini, il favorito nell’attuale X factor inglese , menziona la perdita di foreste, balene ed elefanti. L’ esibizione di Michael Jackson ai Brit Awards del 1996 provocò la protesta da parte del cantante dei Pulp, Jarvis Cocker, che accusò Jackson di usare la canzone per ritrarre se stesso come una figura simile a Cristo. Questa canzone almeno ha un testo più diretto rispetto a Man in the Mirror, Heal the World e Cry che virano al sentimentalismo con una vena sociale.
Nessuno però può affermare che questi versi siano in rivalità con altri grandi testi a sostegno delle causa ecologica scritti da band come i Beach Boys con Don’t go near the water (Non avvicinarti all’acqua ) o di Marvin Gaye, Mercy Mercy che, nel cantare abbi pietà di me, parlava in prima persona come fosse egli stesso l’ambiente. Mi piace anche Fragile Planet di Sting e Plastic Beach di Gorillaz, solo per citarne alcuni, ma questo non vuole essere un elenco esaustivo – in realtà ho trovato circa 200 canzoni con un temi inerenti.
Può non sorprendere che molti degli attori di Woodstock stiano ancora parlando della causa ambientalista, ma gratifica rilevare quanto stia appassionando le nuove generazioni. Basta andare su Internet e troverete un numero illimitato di canzoni su questo tema, inclusi i brani di artisti più recenti come di Pharrell Williams, Lorde, One Republic che nei loro testi parlano di “acqua sporca, cielo sereno o nebbia fitta” riferimenti in codice che significano “i fiumi dovrebbero essere più puliti”, “i cieli dovrebbero essere più chiari”, “i combustibili fossili stanno avvelenando l’aria che respiriamo.”
Va però anche evidenziato che, sia il pezzo dei New Order Everything is gone green (Tutto è diventato verde…) sia Green Light (luce verde) di Beyoncé, sono stati segnalati come aventi credenziali antinquinamento per il solo motivo che “miracolosamente” usano la parola verde nel titolo. Stessa cosa vale per il pezzo di Miley Cyrus Wake Up America (svegliati America ) un sollecito agli USA a recepire quanto si legge sul riscaldamento globale e di svegliarsi sulle tematiche ambientali “visto che siamo su questo pianeta tutti insieme.”
Frank Zappa disse una volta che lo scopo dei politici, che legiferano in materia di inquinamento, non è salvare il pianeta ma ottenere voti. E ‘difficile negare che molti di questi appelli pop e rock sembrano più progettati per un riscontro economico di vendita, visto che fanno leva su un fondamentale valore esistenziale, alzando nello stesso tempo le quotazioni dell’ artista che associa una sua appartenenza etica ad una giusta causa. Raramente si può sbagliare una strategia di marketing con qualche sproloquio a favore dell’ ambiente! Molti di questi brani hanno un tono predicatorio e paternalistico, come se il cantante fosse l’unico ad aver notato queste cose!
Madonna con Hey You ha miracolosamente evitato di cadere nella banalità, facendo giustamente notare che si deve amare se stessi prima di poter amare il mondo. Questa canzone è molto distante dal meglio di Madonna, ma è parte degli eventi di Live Earth.
Con gli innumerevoli concerti e festival rock a tema ecologico previsti nei prossimi anni, sarà interessante vedere come andranno le cose, viste le polemiche che questi grandi raduni musicali portano con sé. Il solo fatto di essere locati in zone lontane dai centri urbani richiede, per assistervi, che si spostino una gran quantità di auto e mezzi creando occasioni d’inquinamento. Certo, si tenessero negli stadi cittadini, serviti dai mezzi pubblici, eviteremmo simili paradossi !
In ogni caso c’è da augurarsi, sia si tratti di business o di impegno civile, che tutto ciò che riguarda la raccolta fondi per la causa ambientale possa perlomeno contribuire, con consapevolezza, al miglioramento del pianeta nel prossimo futuro.
Mark Beech è l’autore di All You Need è rock (cardo Books, 2014). Altri suoi libri includono The AZ dei nomi del rock e Il Dizionario del Rock & Pop . E’ redattore capo per Bloomberg News nella sezione Arte e Media.