Un amore di gomma.
Gennaio 30, 2015Essere o avere, questo è il problema…
Febbraio 20, 2015Tra nuove speranze e vecchi disordini la Nigeria potrebbe tracciare diversi scenari politici con effetti anche oltre il continente africano.
Chissà con quale vincitore i nigeriani, chiamati alle urne nel giorno di S. Valentino, dichiareranno l’amore per la loro nazione.
per Dantemag da Lagos -Nigeria
Nigel Parsons
Di prima mattina camminando, o per maggior sicurezza, transitando su una solida 4×4 lungo la strada principale CMD nel distretto di Magodo, a Lagos, si possono vedere le centinaia di camicie nere dei volontari della Forza Federale alle prese con le loro esercitazioni. La prudenza impone di non soffermarsi ad osservarli, un cameraman della TV locale che cercò di filmarli fu colpito da un proiettile. Ed è altrettanto facile incappare nelle frequenti battaglie in cui le “camicie nere” si sfidano con le “camicie gialle”della polizia stradale governativa.
Le camice nere , dell’ organizzazione paramilitare sostenuta dal PDP, si stanno “esercitando” in vista delle imminenti elezioni presidenziali nigeriane, in programma per il 14 febbraio. Ma qual è la loro ragione d’essere? Se lo si chiede agli esponenti del PDP- Partito democratico Popolare, attualmente al governo, rispondono che è quella di far in modo che le elezioni si svolgano nella maniera più sicura e corretta. Se lo si chiede a quelli dell’ APC – Congresso di tutti i Progressisti, partito all’ opposizione, la risposta è che quelle “teste calde” sono pagate dal governo con la sola ragione di interferire il giorno delle elezioni, così da persuadere le persone a votare in maniera “corretta”.
Ci sono sempre stati episodi conflittuali tra i sostenitori tra i due opposti partiti ma con l’ avvicinarsi della scadenza elettorale si sono intensificati, diffondendosi anche nella tollerante capitale Lagos, la più grande area metropolitana con oltre 20 Mln di abitanti, tanto che nell’ isola di Lagos uno “scambio di idee” è costato la vita a tre persone, oltre che una dozzina di feriti.
Questi sono solo gli ultimi episodi che ci vengono riferiti in questa corsa al voto che, dalle ultime proiezioni, si profila essere sempre più vicina alla parità. Alcuni osservatori politici ritengono che oggi si potrebbe verificare un reale sconquasso dell’unità dell’intero Paese. C’è l’effettiva paura che, a prescindere da qualsiasi risultato elettorale, la Nigeria possa ritrovarsi in una spirale di violenza tra le diverse etnie e religioni creando un caos generale che dividerebbe la nazione.
Dovremmo preoccuparcene? La risposta è “certo che si!”. La Nigeria è il più possente “animale” d’ Africa. Uno su sei africani è nigeriano e le proiezioni demografiche indicano che nel 2050, la popolazione nigeriana, sarà maggiore di quella degli Stati Uniti. Grazie alle risorse petrolifere è anche il Paese con la più consolidata economia dell’intero continente africano.
Una sua instabilità politica potrebbe portare allo spostamento, anche verso l’Europa, di milioni di persone; alcune fonti riportano che addirittura, nel solo Regno Unito, più di 2 milioni di Nigeriani avrebbero diritto di residenza.
Il 2011, vide l’elezione del presidente Jonathan Goodluck sostenuto dal PDP, contro Muhammadu Buhari, il settantaduenne mussulmano, ex dittatore militare, molto attento alla disciplina e inflessibile contro la corruzione.
In quell’ occasione si era impostata la campagna elettorale attorno alle minoranze etniche e religiose. La sconfitta del generale Buhari scatenò una rivolta di massa nel nord del Paese, con il risultato del più grande spargimento di sangue dai tempi della guerra civile del 1967-1970. L’ etnia predominante mussulmana del nord, Hausa, era abituata a controllare l’elezione alla presidenza, avendo già determinato fin dai tempi dell’ indipendenza, sopratutto sotto i regimi militari, ben 9 dei 14 presidenti. L’attuale presidente Jonathan è invece il primo ad esser stato promosso dalla regione sud del Paese e, per di più, è cristiano.
Il dato che fa riflettere è che nel 2011 Buhari, pur non avendo una “macchina politica” in grado di sostenerlo, fu votato da 14 Mln di persone. Questa volta lo scenario è diverso. A quel tempo l’ opposizione al PDP era frammentata ora invece, dal 2013, le tre maggiori rappresentanze d’ opposizione si sono unite formando un gruppo unico: APC All Progressives Congress– Congresso di tutti i Progressisti- ed è con questa nuova forte coalizione che oggi egli ripropone la sua candidatura.
La percezione, che si avverte dal contatto con la gente locale, indica chiaramente che la “linea di confronto” si è spostata aldilà delle considerazioni religiose ed etniche. La popolazione è stanca della dilagante corruzione attribuita alla debole presidenza di Jonathan, è stanca della sua incapacità di contrastare le azioni del gruppo islamico insurrezionale Boko Haram (traducibile in: l’istruzione occidentale è vietata) e volentieri appoggerebbe chiunque offrisse un cambiamento a garanzia di maggior sicurezza e stabilità.
E’ certo che dal presidente Jonathan si è ottenuto molto poco durante la sua presidenza. Nonostante le ricchezze a bilancio, realizzate dalla vendita del petrolio a 110$ al barile, la qualità di vita della popolazione non è migliorata . Ci sono costantemente sospensioni giornaliere di corrente elettrica, la rete ferroviaria non è stata rimodernata affatto ed e rimasta tale da quando i britannici se ne sono andati nel 1960; viaggiare lungo l’ autostrada ovest-africana fino al confine con il Benin è difficile, al limite dell’inagibile, con buche gigantesche che possono ingoiare un’ intera macchina, fino a quando non arrivi nel povero stato del Benin dove l’ autostrada miracolosamente si trasforma in un asfalto ben disteso! La spesa per le infrastrutture è stata praticamente zero e la gente è delusa. Ora che il prezzo del petrolio è sceso a circa 50$ al barile Jonathan non riesce più ad avere il controllo sulla situazione.
Nonostante tutto, il presidente uscente sta cercando di rinnovare il consenso degli elettori, per “corteggiare”il voto delle donne ne ha nominate 12 come ministro nel suo governo. Ma questo tentativo è stato bollato come un’ intervento cinico per incrementare appunto l’elettorato femminile, ancora provato dal rapimento delle 300 ragazze dello scorso anno. Jonathan aveva promesso di riportarle a casa ma non c’è ancora riuscito.
Non è un caso che il simbolo del partito sfidante APC sia la tradizionale scopa africana fatta di paglia. Il significato è chiaro, vogliono una pulizia totale. Interessante notare che a sostenere la candidatura di Buhari ci sono il suo grande amico politico e professore in legge Yemi Osinbajo, pastore della redenta Chiesa cristiana della Nigeria, il più grande gruppo cristiano nel paese e Asiwaju Bola Tinubu, il principale architetto e capo del APC, ex governatore dello stato, mussulmano con la moglie cristiana e già senatrice. Una rappresentanza di forze che abbracciano diverse competenze e appartenenze. Forse chi spera in un futuro migliore ha ragione, forse questa volta chi cerca di dividere per imperare troverà un non facile lavoro.
Con davanti questa prospettiva avversaria il presidente in carica, nel tentativo di salvaguardare al massimo la sua rielezione, ha cominciato a giocare delle carte disperate.
Come primo gesto sta tentando di posporre la data delle elezioni. Il presidente Jonathan ha speso10 Mln di dollari per una campagna televisiva nazionale per giustificare lo slittamento della data.
I sostenitori del presidente dicono che le commissioni elettorali non saranno pronte per il giorno stabilito, sostengono inoltre che non si è ancora completata la distribuzione delle nuove schede elettroniche per tutti gli aventi diritto al voto.
Si mormora inoltre che Jonathan sia disposto ad un golpe militare pur di affossare le elezioni imminenti, mentre a sud i ribelli del movimento per l’ emancipazione del delta (MEND), a cui il presidente ha dato l’amnistia, hanno minacciato di impugnare nuovamente le armi se egli ne dovesse uscire sconfitto.
D’altro canto i sostenitori del APC hanno fatto notare che anche gran parte della popolazione del nord è fortemente scontenta della situazione; con le continue insurrezioni del gruppo estremista di Boko Haram, quattro zone – Borno, Gombe, Adamawa e Yobe – sono in stato di emergenza e questo può costare all’ APC la perdita di una grande fetta di votanti, che, aggiunti a quei milioni di nigeriani potenzialmente favorevoli, rifugiati nel Chad, Camerun, e Niger dovrebbero preoccupare il partito. Ciò nonostante per i consensi pro Buhari che si rilevano in tutte le altre aree, l’ APC è pronto al rischio.
La situazione è caotica. Immaginando che le elezioni vengano fatte nel giorno previsto, una cosa è certa, a prescindere da quale candidato sarà dichiarato vincente, avremo sicuramente comunque un perdente che, per verità o per gettar discredito, rifiuterà il risultato. La grande incognita però è: risolveranno la questione per le vie legali o per le vie del Paese? Staremo a vedere.