Essere o avere, questo è il problema…
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Marzo 1, 2015A soli 10 anni ospite-solista al concerto per il Presidente U.S.A. Ronald Reagan alla Casa Bianca . Stefan Milenkovich violista di successo, oggi trentottenne, si racconta a Elisa Nocca per Dantemag .
Di Elisa Nocca
Il Teatro Filarmonico di Verona è a pochi passi dall’Arena. Arrivarci, in questa tiepida mattinata invernale, pare essere la prima ardua impresa. L’appuntamento è con il violinista Stefan Milenkovich che, residente da anni a New York, si trova in Italia per un concerto di gala. Su di lui, dagli ambienti musicali, arrivano solo entusiastici elogi professionali, le biografie sottolineano il suo straordinario talento e quell’ innata riservatezza che spesso accomuna tutti i grandi artisti.
Il suo agente, mi attende all’ ingresso del corridoio che porta ai camerini mentre stanno per cominciare le prove generali. Milenkovich mi accoglie sorridente, ci sediamo uno di fronte all’ altro e iniziamo l’intervista.
Nel film –La musica nel cuore.– di Kirsten Sheridan, un bambino di strada che non sapeva essere figlio di musicisti, riproduceva la musica con qualsiasi cosa. Lei che è figlio di musicisti condivide l’ idea che la capacità di cogliere melodie e suonarle sia innata?
Io credo che così come per altre forme d’arte anche per la musica si richiede una conoscenza tecnica che, si può esprimere imparando prima di tutto l’uso di uno strumento. Certamente si può essere più o meno inclini ma, di innato, c’è più l’effetto della musica, quel piacere all’ ascolto che unisce e crea emozioni.
Per chi suona Stefan Milenkovich?
Suono per la musica che, in alcuni casi, posso dedicare ad una giusta causa. La musica non è “per qualcosa”è già in sé energia pura e quando suono cerco di unirmi al mio essere ed al mio pubblico. Durante una mia performance devo sentirmi libero con me stesso e verso gli altri; non mi focalizzo sullo strumento, anzi, è come se il violino sparisse per lasciare spazio alle sole note.
Com’è stata la sua giovinezza ?
La mia giovinezza è stata certamente inusuale ma equilibrata. I miei genitori hanno avuto la capacità di farmi vivere delle esperienze che affrontavo come fossero una scuola di vita. Avevo spazi per il gioco e per lo studio. Certo, mentre d’estate i miei amici erano in vacanza, io viaggiavo per suonare ai concerti. Devo dire però che in questo modo ho potuto conoscere molte altre realtà.
Che opinione ha dei giovani d’oggi ?
Trovo i giovani d’oggi meno “costruttori”, tendono ad essere più succubi che protagonisti. Probabilmente è un effetto della civiltà contemporanea , si sono un po’ troppo adagiati sulle comodità .
Qual è il temperamento di Stefan?
Competitivo e determinato quando il momento lo richiede, la cosa fondamentale è comunque rimanere sempre focalizzati sull’ obbiettivo da raggiungere e lasciare che il caos, che si sviluppa attorno a te, rimanga fuori. Da anni pratico quotidianamente yoga e meditazione, per un’ora e mezza, questo mi aiuta a riposizionarmi. Devo sentire la mente libera per potermi “unire all’universo”.
A soli 6 anni vanta il suo primo concerto come solista in orchestra. Nel ’87, a 10 anni, suona per il presidente Ronald Reagan in un concerto natalizio a Washington, a 11 anni per il presidente Michail Gorbačëv e l’anno seguente per Papa Giovanni Paolo II. A soli 16 anni a Monterrey in Messico festeggia il suo millesimo concerto.
Per un giovane uomo come lei cosa vuol dire avere alle spalle una carriera cosi lunga ?
Vuol dire disciplina, responsabilità e dare un ordine alle cose; credo sarebbe molto educativo ancora oggi dare dei compiti quotidiani ai ragazzi, aldilà di quelli contemplati dalla scuola. Ricordo la vita nelle campagne, in Serbia, i bambini avevano piccoli responsabilità giornaliere che andavano a beneficio dell’ intera famiglia. Questo insegnava sia rispetto che responsabilità verso gli altri. Se, per esempio, un compito fosse stato preparare la scorta di legna da ardere per la sera, il non farlo, avrebbe costretto tutti a stare al freddo.
Nato in Serbia, vissuto per un periodo in Italia e da anni è residente come docente di violino negli USA a quale radice culturale sente di appartenere ?
Noi siamo come molecole di questo universo, attingiamo a più culture e sentiamo l’ influenza di diversi patrimoni artistici. In coscienza posso dire che dalla cultura serba sento di aver preso la determinazione, dalla cultura italiana il senso dell’armonia e da quella americana il dinamismo. .
Cos’è per Lei l’Italia e l’italianità?
L’Italia rimane certamente un riferimento importante per le sue antiche civiltà, una storia di grandi espressioni di pensiero artistico, ingegno e bellezza. L’italianità la si potrebbe capire dai diversi tipi di caffè che esistono in questo paese! Un popolo “appassionato” di individualismo. Quando arrivo in Italia per un concerto sento la disorganizzazione, l’imprevedibile, come se niente potesse funzionare. Poi incredibilmente si crea il tutto, con un’energia che ti coinvolge. Ovunque nel mondo quando si parla della qualità degli oggetti, abiti, stili, cibi quelli italiani sono sempre i migliori. Ti chiedi che paradosso è questo? Eppure tutto ciò che è italiano ha in sé bellezza, ecco ,questa credo sia l’italianità.
Come ci si sente sul palco quando l’aspettativa del pubblico è già al massimo?
Questo è forse l’aspetto più importante nell’avere una carriera di alto livello, dover gratificare le aspettative. Personalmente questo mi ispira ancora di più, mi stimola e mi da energia.
Nel 2011 si è esibito suonando un “Guarneri del Gesù”, che cos’ e’ stato suonare con un violino del 1735 ?
E’ uno strumento incredibile! Un privilegio unico. Ogni nota crea un’emozione non solo al pubblico ma anche a chi lo suona. Sono occasioni molto rare ma spero sempre che uno sponsor generoso possa sostenermi nel farmi ancora suonare un simile strumento.
Pitagora disse che l’ottava nota, da lui indicata, è trasversale ed universale in tutte le scale musicali esistenti – la nota oltre la convenzione. Esiste per Stefan l’ottava nota?
Pensando alla nota che segna sia l’inizio di un ordine nuovo sia la fine del precedente, si potrebbe dire che rappresenta due dimensioni contemporaneamente, è il continuum del processo. La nota dell’infinito, quindi dell’anima. Suonare l’ottava nota vuol dire essere sempre all’inizio di qualcosa di nuovo, avere un piede già avanti. Si, esiste. Per me non c’è alternativa, così dev’ essere se voglio continuare a vivere in questo modo.
Le note provenienti dall’ orchestra che accorda gli strumenti mi fanno capire che Il tempo dedicatomi è andato ben oltre il previsto, la prova generale sta per iniziare. Dopo esserci salutati assisto all’ ingresso in scena di questo ex bambino prodigio diventato una star del firmamento musicale classico. L’applauso degli orchestrali non sembra sfiorare la sua concentrazione. Stefan Milenkovich guarda il suo violino ed ecco che le sue dita si muovono veloci, la musica è nell’aria, racconta la storia di un uomo e di tutta la sua ricerca per la perfezione.