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di Montse Frisach
Il lavoro di Alex de Fluvià è caratterizzato da un forte impegno alla pittura. Nel tempo dove la padronanza delle nuove tecnologie accelera tutto, De Fluvià preferisce una maturazione lenta nello studio della sua pittura. Nei suoi dipinti, colorati e pieni di vita, niente è ciò che sembra.
Nella densità della superficie appaiono scritture di graffiti miste a pennellate energiche piene di dettagli e frammenti, come su uno sfondo barocco. Si tratta di una cosmologia complessa che sembra non lasciare spazio.
Tuttavia, superato il primo impatto visivo, il dipinto sembra aprirsi verso gli strati più profondi all’interno dell’opera. Ecco che, improvvisamente, si scopre che sotto la superficie ci sono molte più cose, molte più sovrapposizioni grafiche di carta e foto e ancora più colore, che creano un collage di varie dimensioni sovrapposte. Questa è la sfida di Alex de Fluvià, invitare lo spettatore a scoprire il più possibile quello che sta dietro ai complementi che danno vita alle sue opere.
Alex de Fluvià dipinge da quasi un quarto di secolo ed il suo stile è inconfondibile. Contrassegnato da una forte tradizione artistica della Catalogna, il suo lavoro fa sentire l’influenza di Gaudi ed il colore e la poesia di Joan Miró. Entrambi presenti nella sua città natale, Barcellona, questi predecessori hanno influenzato l’artista, che sognava di diventare musicista, verso un diverso percorso professionale.
Durante l’adolescenza la sua prima attività artistica era incentrata sulla musica e fino a 25 anni suonò in diversi gruppi come chitarrista.
La pittura comunque, in lui, era sempre presente. Nei periodi di vacanza sull’isola di Minorca, De Fluvià aveva la passione di copiare i dipinti sui libri d’arte ma, a quel tempo, l’arte era ancora solo un hobby perché le sue aspettative erano, per l’appunto, altrove.
Nel suo diario, che ancora scrive quasi tutti i giorni, annotava il suo desiderio di diventare una stella del rock. “Erano gli anni ’80 e ammiravo soprattutto i musicisti che già erano in auge dal precedente decennio come i Rolling Stones, David Bowie e Lou Reed ”- ricorda. Fu paradossalmente seguendo la sua vena rock che Alex cominciò a firmare i suoi graffiti sui muri di Barcellona e sarà proprio questo suo passato che poi finirà per influenzare la sua vena artistica.
Quando si troverà a scegliere la carriera universitaria Alex de Fluvià opterà per la facoltà di Storia dell’Arte. Nel 1987 si recò a Madrid per visitare una mostra di Mark Rothko, un artista che fino ad allora non aveva mai esposto in Spagna. Gli spazi di colore che l’artista americano metteva nei suoi lavori impressionarono non poco il giovane De Fluvià che dal quel momento in poi, decise di dedicarsi pienamente alla pittura
Due anni dopo il gallerista Miquel Gaspar, discendente di una dinastia di galleristi di Barcellona che vantava di aver esposto Miró e Picasso nei difficili anni della dittatura Franchista, gli offrì la sua prima opportunità espositiva.
Alex de Fluvià lo ricorda ancora con gratitudine per la fiducia che la galleria ripose in lui agli albori della sua carriera artistica.
“Perché ho lasciato la musica per la pittura? Avevo la sensazione che con la pittura avrei potuto esprimermi meglio. Con la musica finivo sempre per suonare cose che appartenevano ad altri mentre con la pittura potevo solo essere l’ unico compositore di me stesso” spiega.
In quel periodo andava di moda la pittura del nuovo espressionismo e De Fluvià non fu estraneo alla nuova ondata transvanguardista tedesca e italiana. In Spagna e nel resto d’Europa c’era un nuovo astro della pittura, il giovane artista maiorchino, Miquel Barceló che trionfava con la sua appassionata figurazione espressionista. Per un artista agli inizi della sua carriera come Alex de Fluvià, le cose non erano facili. Così nel 1996 decise di fare i bagagli e partire per New York. Il soggiorno di sei anni nella Grande Mela rappresentò una tappa fondamentale nella sua carriera.”Un master di vita e di arte” come la definisce lui.
A New York, la pittura figurativa, di Alex de Fluvià scomparve e nelle sue tele prese posto l’astrazione. Per la prima volta ebbe anche il coraggio di sperimentarsi con formati più grandi. A New York studiò anche fotografia alla School of Visual Arts, un apprendimento fondamentale per il suo lavoro dato che le immagini fotografiche appartengono alla sua iconografia corrente. Inizialmente espose nei circuiti alternativi della città, ma in seguito il suo lavoro trovò spazio in gallerie come la Jan Abrams Gallery.
Nel 2001 Alex de Fluvià lascia New York per tornare a Barcellona, subito espone nelle gallerie d’arte Trama (2002) e Metropolitana (2004) ma il suo spirito nomade e curioso lo porterà a viaggiare di nuovo prima in America Latina e poi al Cairo, città dove si fermerà per un anno.
Da sempre interessato all’arte ancestrale del Mediterraneo il soggiorno in una delle culle dell’arte occidentale, rinforzerà in lui l’influenza di questo stile. Non c’è da stupirsi che nella sua pittura le scritture ricordino un tessuto di calligrafia araba e la tipica architettura del Nord Africa.
Nel 2006 si sposta in Giappone dove, da sempre attratto dall’ estetica giapponese, trova ora il momento giusto per approfondirla; studierà anche la calligrafia giapponese che proporrà al suo rientro a Barcellona, pochi mesi dopo, incorporata nei quadri di questo periodo.
Nel 2006 queste sue nuove elaborazioni artistiche saranno messe in mostra alla galleria Fidel Balaguer e nel 2007 a Casa Asia.
Negli ultimi anni, Alex de Fluvià, pur fedele al suo impegno con la pittura, ha recuperato anche la sua prima vocazione ed è tornato a suonare con uno dei suoi gruppi giovanili, “Acariciame el morro”, con il quale si esibisce regolarmente nei locali di Barcellona. Insieme hanno già registrato un album di jazz-fusion e ne stanno preparando un secondo.
Allo stesso tempo i suoi quadri hanno raggiunto un livello internazionale dopo che sono stati presentati alla Cuadro Fine Arts Gallery di Dubai
Con questa galleria Alex de Fluvià ha partecipato alla prima edizione della Fiera d’Arte di Abu Dhabi e successivamente, nel giugno 2013, la Fidel Balaguer di Barcellona, suo attuale espositore, lo ha esposto alla Pinta Art Fair di Londra.
Alex de Fluvià definisce il suo lavoro come un mix tra tutte le influenze esterne delle culture che ha conosciuto durante i suoi viaggi pur mantenendo vive le radici della sua cultura nativa.
Antoni Gaudí ha detto che si può essere originali solo tornando alle origini, un motto che Alex de Fluvià ha fatto proprio.
La Catalogna è un paese di artisti che hanno un appeal universale, Gaudí, Miró, Dalí, Antoni Tàpies e scultore Jaume Plensa non hanno abbandonato le loro radici e, ciò nonostante, la loro arte è riconosciuta ovunque.
Nella sua ultima mostra con Fidel Balaguer, Oracle, De Fluvià attribuisce alla pittura l’essere un mezzo di espressione mentre è sempre più difficile trovare spazi per il silenzio e l’introspezione. Per l’artista, la pittura parla come parlava l’oracolo di Delfi ai Greci: “essere ogni giorno di fronte ad una tela bianca è un esercizio simile al consultare un oracolo: “Per me la risposta necessaria è riempire quel vuoto e trovo che la pittura sia un mezzo umile che ha ancora molto da dire, come ha fatto da sempre nei secoli precedenti.”