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Depressione e Serotonina Un nome illustre della psichiatria inglese smitizza il collegamento terapeutico tra “l’ormone del buon umore”e la depressione.
Aprile 23, 2015
Dal bene di consumo al bene che “fa bene”.
Maggio 1, 2015Ne resta forse solo il romantico appellativo, di questa landa fascinosa e complessa, con il quale abbiamo un legame sotto pelle, atavico e indissolubile.
di Sofia Cavalli
Il Mediterraneo che unisce e che separa, che culla e che divora: non semplicemente una distesa d’acqua a bagnare i nostri piedi nudi al primo giorno di ferie. Il nostro mare che è anche la nostra terra. Responsabile del clima e quindi della flora e della fauna, dei prodotti che conosciamo, di cui ci nutriamo; quelli che scambiamo.
Fin da tempi remotissimi, fu una più salubre “pianura liquida” attraversata o costeggiata dalle più diverse imbarcazioni. Le incertezze della navigazione, allora come adesso, non ne scoraggiavano i fruttuosi traffici e così le stesse acque collegavano l’Africa all’Europa Settentrionale, il vicino Oriente con i mercati nostrani, le culture, le diverse lingue, le molte varietà di consumi. Abbiamo abitato questo grande lago più intensamente di quanto ora ricordiamo e fra incontri e scontri di cui è stato parte mediante, la cultura del mare – di questo mare- è nelle nostre corde, come anche di tutti gli altri Paesi che si affacciano al suo cobalto specchio. La particolare geografia che lo racchiude fra promontori e le sporgenze sabbiose, costellato di isole, ha incoraggiato il cabotaggio lungo i litorali, come anche le rotte interne più ardite: ma perché? Eppure i rapporti fra i suoi protagonisti non sono stati sempre limpidi e sereni (e si sa che il Mediterraneo è il cimitero fra i più estesi del Pianeta). Ma c’è da dire che nella sua immensa e più antica storia, una costante sempre fiorente furono i suoi emporìa – gli empori- questi nevralgici centri di vita dove capitarono le cose forse più interessanti e impensabili in assoluto; e che erano distribuiti sapientemente come porte sul mare, dove vi entravano ed uscivano merci e molto altro.
Bisogna immaginare questo: ciò che prevalentemente spinse l’uomo ad abbandonare la terra ferma per azzardarsi fra i pericoli delle acque fu sempre la curiosità commerciale.
Nessun Paese è completamente autosufficiente nella sua biodiversità autoctona e la carenza di determinate risorse, o l’eccesso, spingeva a scoprire nuove terre dove scambiare qualcosa con qualcosa d’altro. E in tempi in cui la cartografia era approssimativa, l’inglese non era la lingua dell’economia globale e lasciamo perdere la connessione wifi, chi intraprendeva questo tipo di viaggi doveva essere pronto a correre un grosso rischio. Non so voi, ma a me ha sempre affascinato questo rapsodico figuro, l’emporos, il mercante, foriero d’importanti trasformazioni – le lettere di cambio antenate delle attuali banconote, le Università, le gilde – eclettico, poliglotta, sovente esploratore e geografo. A volte costretto dalla povertà, a volte fulgido uomo di commercio, sempre e comunque protetto da Mercurio. E’ certo però che fare il mercante richiedeva sopra ogni altra cosa intraprendenza e apertura mentale.
Senza contare che la curiositas verso l’insolito, il diverso, l’esotico anche, sorgeva spontanea nelle menti di coloro che condividevano le ricchezze a scambiarsi nel Mediterraneo – e l’espressione “essere sulla stessa barca” aveva allora un senso.
Ciò che raccoglie le fila di questo ricamo, forse anche troppo trasognato, è che questo mare ha unito continenti interi quando si è trattato di condividere le preziosità della terra e della mano complice dell’uomo: non solo i manufatti, dunque, e altri materiali preziosi, non solo acciaio, rame, legno o malattie, ma pure le notizie -le lettere- che quando approdavano, potevano avere impiegato settimane o mesi!
Luoghi e persone uniti sotto il segno di un unico clima, i cui confini si estendono a limite dell’olivo a nord e giungono fino alla palma da dattero a sud. Un clima peraltro capriccioso e mutevole: infatti è da sempre che la coltivazione nella macchia risulta difficile, imprevedibile, con annate addirittura disastrose! Allora il mediterraneo veniva in soccorso e l’alternanza di cattivi e buoni raccolti, di nuovo, invogliava i viaggi per mare e i prezzi, in continuo saliscendi, creavano congiunture sociali, economiche, politiche ad influenzare tutti i Paesi della sua fascia, in quello che era ed è un destino collettivo.
Lago cristiano, lago islamico, il mare interno è una realtà più che composita di cui saranno pur diversi i natali ma dei quali è inevitabile la convivenza.
La vitalità del Mediterraneo, nonostante nuove rotte e nuovi continenti agiscano nel più grande quadro mondiale, non è tutt’ora spenta e mai lo sarà. E’ anzi soggetto attivo di una storia su occorrenza politica dismessa, ma fatta sì da conflitti, rivalità, diversità di ethos (e di ego), ma anche e specialmente di simbiotiche relazioni -irrinunciabili- delle quali bisogna prendere atto. Negarle è negare l’essenza stessa di questo nostro mare.