Management ed Arte in un connubio tra oriente ed occidente.
Luglio 31, 2015Il potere della distopia.
Agosto 21, 2015Non è per voler sempre parlare di mia nonna – pace all’anima sua. Ma trovandomi nei pressi del natìo borgo selvaggio, mi approdano alla mente ricordi vagheggianti del tranquillo mare della mia infanzia. Erano i primi anni ’80 quando mia nonna aveva da poco dismesso il nero del lutto ed era piuttosto decisa a non lasciare l’altra metà del letto fredda per il resto della sua vita. Quando mi raccontò questi retroscena, eravamo in veranda, thé allo zenzero nelle sue raffinate porcellane, ed io avevo abbastanza esperienza di vita da sapere di cosa si stesse parlando. Mi confortava l’idea ad ognuno è dato vivere più di una primavera.
Galeotto in questo caso fu il Sacerdote di Cartigliano: cosi mia nonna conobbe Toni, un incontro fortunato di due anime vitali e gaudenti. Seguirono cene, balli,’ viaggi, e serate tranquille in compagnia della stufa e della rivista Famiglia Cristiana. Tuttavia, ciò che lei ricordava con più mordente intensità, fu la seduzione delle prime notti da sposati. Era inverno e le signore di vecchio stampo non sprecavano soldi in riscaldamento, per cui bastavano la stufa a legna e delle belle maglie di lana. Le antiche abitudini alimentari persistevano e per cena si consumavano spesso animali da cortile, anitre, galline o conigli, con sughi polposi, da abbinare alla tradizionale polenta. Lei usava sempre servire un classico Cabernet da pasto, perfetto per le carni. Eppure, c’era un altro vino che amava enormemente. Un vino prezioso, locale, che vanta una tradizione antica: il Torcolato. La nonna mi raccontò di come “intorcolò” il suo uomo. Sì perché il neologismo “intorcolare” da queste parti deriva proprio dalla capacità di questo vino d’abbindolare, catturare, fino a “rincretinire”, perfino la personalità più austera. La prima volta che ebbi modo di assaggiarlo non lo capii. La seconda, però, lo trovai il vino più sensuale di sempre, con quel tocco licenzioso e lubrico, che è forse il perché del suo essere afrodisiaco, infondo:
“O ver che languido / Sfugga e resista, / Od acre ed umido /Pròvochi, insista. / Brilla de’ grappoli /Nel lieto sangue, / Per cui la rapida / Gioia non langue, / Che la fuggevole /Vita ristora, / Che il dolor proroga, / Che amor ne incora.” cantava l’amico Carducci.
C’è solo una strada al mondo che porta al Torcolato ed è la via dei Vini D.O.C. di Breganze, in Provincia di Vicenza. Io credo che in ogni parte del pianeta ci sia qualcosa d’introvabile, qualcosa che potenzialmente può convincerti a trascorrere il resto del tempo rimasto in quel particolare anfratto, ben voluto da Dio. Questo succede anche per i luoghi di questo vino passito, maliardo e fatale. Le colline arieggiate da un cielo color topazio, sono rigate dal vitigno della Vespaiola e la vista di questi parchi, fa venire voglia di mollare tutto e darsi alla viticultura.
Ebbene, quando si tratta di Torcolato, in sobrietate veritas, io mi rivolgo soltanto all’eccellenza di Giuseppe Bonollo. La sua produzione sarà contenuta in numero, ma è smisurata in qualità ( Papa Giovanni Paolo II beveva Torcolato Bonollo n.d.r.)
Premiato anche dalla risoluta guida de L’Espresso, questo prodotto si caratterizza per la scrupolosità nei gesti e nella premura col quale viene cullato. Ma andiamo con ordine: innanzitutto, ciò che rende il Torcolato in generale un unicum è il territorio di provenienza. Infatti, solo a Breganze può esistere la Vespaiola, l’uva dell’omonimo vitigno autoctono, dalla quale viene creato. Le fonti storiche non sono generose di dettagli, per cui è arduo tracciarne un profilo passato accurato. E’ tuttavia risaputo che Venezia usasse importare vini dolci e passiti dal Peloponneso, Cipro e Corfù.
Con il venir meno della vocazione marittima della Serenissima, fra Impero Ottomano ad Oriente e le nuove rotte atlantiche ad Occidente, Venezia si orientò all’entroterra, fra le altre cose piantando vigneti per farsi in autonomia vini dolci e delicati.
Il momento cruciale della produzione Bonollo avviene con la selezione della Vespaiola, a Settembre, e la rigorosa raccolta a mano. I migliori grappoli scelti vengono poi accuratamente disposti in cassette e lasciati appassire fino a Gennaio, favorendo così la botritizzazione, un processo attraverso il quale, la Botrytis Cinera, una muffa nobile che si sviluppa all’interno dell’acino annerendolo, infonde tutti gli aromi per il quale il vino viene tanto apprezzato. Farlo con cura, capirete, risulta dispendioso, ma è proprio questo, a creare la differenza nel prodotto. Ne segue poi la torchiatura, la decantazione statica a freddo e la fermentazione fino a quattro mesi. Infine l’invecchiamento obbligatorio di un anno, prima di essere servito. Il risultato di questo lungo procedimento, dalla resa piuttosto contenuta rispetto al quantitativo d’uva raccolta, e’ però di un vino complesso e di riconosciuto valore. Risveglia i sensi – anche quelli più intorpiditi – e nel contempo si esprime come un vino meditativo, per intime riflessioni. C’è da dire, per concludere, che l’azienda di Giuseppe Bonollo è ora gestita gran parte dal figlio enologo Matteo. Ed è proprio quest’ottica di piccola azienda famigliare a rendere possibile quella straordinaria cura necessaria e devozione a rendere il Torcolato Bonollo un vino di grande qualità.
Quello che mi attrae di questi piccoli e medi produttori e’ la tradizione beffarda nel loro operato sapiente, tramandato da generazioni, che li vede poco avvezzi ad un prodotto d’immagine e invece vocati all’essenza, ed alla passione di continuare a creare un prodotto non omologato, ma deliziosamente autentico e fedele a se stesso.
Ed ora vi lascio con mia solita ricetta.
Gnocco fritto con Riso Venere nero, Gorgonzola D.O.P. e Torcolato
Ingredienti:
700 gr farina Manitoba
300 gr riso nero Venere bollito
15 gr lievito birra
20 gr sale
20 gr zucchero
250ml acqua
Gorgonzola dolce DOP
Torcolato
Olio di semi per frittura.
Metodo:
Far cuocere il riso per 35/40 minuti circa. L’acqua tenderà a diventare nera, per via della tipologia di riso. Una volta scolato e raffreddato, unirlo all’impasto insieme a farina, lievito, zucchero, sale e acqua. Far poi riposare in frigo per 12 ore. Stendere la pasta con l’aiuto del mattarello mantenendo un’altezza di 3 mm circa. Tagliare la pasta a rettangoli e farli friggere nell’olio bollente. Una volta indorati, bagnare un lato dello gnocco nel Torcolato e spalmare il Gorgonzola su quello stesso lato. Chiuderli poi a libro, premendo i due lati con uno stecchino per tenerlo chiuso. Sembra complicato, ma non lo è. Servire ben caldi. Accompagnare ovvimente con Torcolato e Libiam con gusto a tutti.