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Ottobre 21, 2015La pratica della filosofia era un lusso che potevano permettersi solo persone benestanti, che avevano il tempo e le capacità di riflettere sul perché ed il percome dei misteri dell’esistenza. Ora non più. Chiara Lenisa ci racconta come la filosofia è diventata una maniera ludica per insegnare ai bambini a pensare.
di Chiara Lenisa
Come rispondereste alle domanda “Che cos’è la giustizia? Cos’è la libertà? Che cos’è l’amicizia? Chi è Dio?”. Sono tutte domande che necessitano una risposta ponderata e un ragionamento che raramente ha una conclusione definitiva.
E se vi dicessi che queste domande vengono poste ai bambini di 8/9/10 anni? La filosofia per bambini (Philosophy for Children abbreviata P4C) fa proprio questo, prende come base la filosofia che riguarda l’essere umano nella sua realtà, e la trasmette ai bambini, con dei risultati stupefacenti.
Parlare di filosofia è un’attività di riflessione, che a volte per noi adulti e’ difficile da praticare anche a causa della nostra vita frenetica. I bambini, invece, grazie alla loro curiosità verso il mondo che li circonda, riescono ad amplificare la riflessione filosofica mettendo in atto meccanismi psicologici innati.
Questa relativamente nuova visione dell’ insegnamento è stata pensata negli anni ’70 negli Stati Uniti, precisamente nel New Jersey, da Matthew Lipman. La filosofia per bambini si propone di attivare un approccio razionale e critico nei confronti di noi stessi e della quotidianità, cercando di dare una risposta non tanto su come va il mondo, ma sul fatto che esistiamo, creando un nesso tra pedagogia e filosofia.
Ma andiamo a capire nel dettaglio cos’è veramente la P4C.
Innanzitutto quest’attività riflessiva viene autoregolata dal metodo dialogico-argomentativo con lo scopo di aprire i propri orizzonti dialogando e filosofando insieme ad altre persone. L’importanza del dialogo è fondamentale, perché questo costituisce il mezzo principale della costruzione di un pensiero argomentativo sensato.
Il lavoro si svolge, con bambini di età compresa tra gli 8-10 anni e a guidarli c’è sempre un facilitatore.
Una sessione di P4C dura normalmente un’ora e si avvia grazie ad una attività introduttiva a carattere ludico, in modo da rompere il ghiaccio e far rilassare i bambini, così che si trovino a loro agio durante tutto il corso della sessione.
Questa attività introduttiva varia a seconda del tema prefissato, e sta nella capacità del facilitatore pensarne una sufficientemente produttiva e divertente.
In una mia recente esperienza con la P4C sui colori, ho proposto ai bambini di modellare con il pongo il proprio frutto preferito: è stato interessante vedere ciascun bambino concentrarsi sul proprio pezzo colorato, e notare come tutti interagivano tra di loro, mostrando orgogliosamente la propria scultura.
È fondamentale che in ogni attività introduttiva ci sia un filo conduttore con l’argomento portante della sessione, che si verrà a scoprire però solo nella fase di lettura successiva.
In questa seconda fase si leggono racconti adattati alla fascia d’età dei bambini a cui ci si rivolge, per cui sono caratterizzati da una scrittura molto semplice e chiara.
Molte di queste letture sono state già scritte dallo stesso Lipman e hanno dei caratteri filosofici non solo per le procedure di pensiero che attiva, ma anche per i contenuti che affronta.
Ci sono dunque racconti che parlano di filosofia dell’esistenza, altri di filosofia della natura, della conoscenza, della politica e così via. La natura filosofica astratta e generale di questi racconti e il loro carattere controverso determina il successo dell’argomentazione.
Una volta letto il racconto ai bambini e constatato che abbiano compreso per bene il significato del testo, entra in scena il facilitatore: egli dovrà scrivere su una lavagna ogni singola domanda fatta dai bambini e, solo alla fine, unire le domande più simili in modo da avere poche ma efficaci argomentazioni per instaurare un dialogo.
La riuscita o il fallimento di una sessione viene determinata dall’ interazione che si viene a creare con i bambini che, rispondendo alle domande relative al testo, cercheranno di entrare sempre di più nel campo filosofico. Nella maggior parte dei casi ci saranno delle opinioni diverse, e può capitare che si instaurino delle contrapposizioni di pensiero: ma è così che ogni bambino svilupperà la sua capacità di argomentazione.
Sta nella esperienza del facilitatore mantenere alto il livello di attenzione dei bambini, magari cambiando domanda o approfondendo un discorsco in termini astratti fatto dagli stessi bambini.
Solo quando tutti i quesiti scritti sulla lavagna sono finiti, la sessione si concluderà con un’altra attività ludica; ovviamente il gioco dovra’ avere qualcosa in comune con la lettura fatta precedentemente così da creare continuita’ con gli argomenti trattati e far interagire i bambini fino alla fine.
Il tema conduttore delle mia sessione, come menzionato sopra, erano i colori e il perché vengano chiamati caldi o freddi. Così nell’attività finale ho utilizzato le forme del pongo precedentemente fatte dai bambini, e le ho fatte dividere in due sezioni: colori caldi, e colori freddi, facendone spiegare la scelta.
La figura del facilitatore richiede parecchio lavoro di preparazione anche perché si deve sempre evitare che l’attenzione dei bambini si diriga verso la persona che interloquisce con loro. E’ quindi fondamentale rispettare i tempi dei bambini parlando piano e misurando i termini in base all’età del gruppo; ma la cosa più importante è farli interagire con la dimensione più filosofica dei pensieri che elaborano.
La Filosofia per bambini non è mai una cosa statica ed ogni sessione non è mai uguale alla precedente; con le diverse argomentazioni ogni gruppo crea un’atmosfera e delle dinamiche diverse, il che rende tutto molto più interessante e coinvolgente.
Sebbene all’inizio possa sembrare impossibile parlare di filosofia ai bambini, successivamente si viene a scoprire che essi, alimentati da un’innata curiosità, fonte costante di stupore, sono capaci di entrare in un mondo fatto solo di parole, che li aiuta ad estrapolare qualcosa di astratto e materializzarne il suo valore. In questo modo il bambino o la bambina svilupperà a sua insaputa qualche strumento in più per confrontare sé stesso con il suo mondo.