Nicaragua: la terra dei record.
Novembre 2, 2015Testimoniando l ‘AIDS in Africa
Dicembre 1, 2015Come i vecchi rimedi abbiano il fascino pratico delle arti occulte e come i veri magici elisir siano sempre prodotti della Madre Terra.
di Sofia Cavalli
Ho un’amica che stimo moltissimo e soprattutto m’incanta con la sua presenza piena, appagante, rubiconda nel fascino, come l’eleganza di certi vini rossi che ti mettono immediatamente a tuo agio.
Bianca, è il suo nome, oggi ha 83 anni e un’aurea di serena comprensione del mondo che ispira un’inattesa indulgenza verso il tempo al quale ci si concede senza aspettarci ormai nulla in cambio. Per chi si domanda quale interesse ci sia nel coltivare un’amicizia con una persona distante più di una generazione, non immagina che quando vado a trovare Bianca io perdo automaticamente il senso della fretta, dell’ansia di fare che normalmente m’affligge, e mi perdo con piacere nei suoi racconti e nella storia, intesa come quella coscienza collettiva che si tramanda ed è immortale nel suo essere fascinosa.
Vorrei anche aggiungere che Bianca è stata una giovane donna di una bellezza abbacinante e le tracce di quella fattura ammirabile si distinguono ancora nel suo volto, impreziosito dai mutamenti della vita, i suoi colpi e le sue rivelazioni. Dagli occhi di lei si sprigiona una vivacità leonina che ben si accompagna ad un senso dello humour tipicamente veneto, ma che in lei assume poi sfumature irresistibilmente osé. La sua simpatia è trascinante, per cui ascoltarla nel raccontare le incredibili avventure della sua esistenza è ilare e degno di una sceneggiatura. Bianca è una persona spirituale ma anche ben radicata a questa terra e ai suoi piaceri, dei quali ha esperienza più che comprobata. E’ dal suo talento che traggo le ricette più preziose e sorprendenti, prese alla tradizione ma riviste secondo la sua creatività. Il fatto che alla sua età sia ancora così vispa e corteggiata, credo sia dovuto a diversi fattori – fra i quali l’essersi sempre mantenuta attiva, anche intellettualmente. Ma, come molte delle signore venete per così dire di vecchio stampo, ama scherzare sul fatto che una graspetta (grappa bianca n.d.R.) all’occorrenza le ha tonificato corpo e lo spirito. Bianca ha anche un lato esoterico. Tanto quanto è scaltra e scettica nella vita impegnata, tanto è “misterica” e giocosamente superstiziosa nel privato. Ama attingere a fonti antiche, delle culture trapassate, per ritrovare quella saggezza pratica oggi dispersa. Ad esempio, l’uso dell’aglio come magico preparato per la disinfezione del corpo (e della mente). Può far sorridere pensare che una donna che io considero esempio della femme fatale faccia un uso indomito di aglio per la sua salute.
Ma, forse, i più dimenticano che l’aglio è fra gli elementi più afrodisiaci che esistano: la forza della sua fragranza, corroborante, potente, inondante, è un brivido vitale e caldo che rivitalizza anche le zone erogene più assopite. Si dimentica inoltre che se la prima zona erogena è il cervello, la seconda è l’intestino. Perché quella zona mediana è lo scrigno delle emozioni, labirinto di trasformazione, levatrice del sistema immunitario. La scienza ne parla come di un secondo cervello e il suo ruolo nella salute generale del binomio mens-corpore è altresì indiscussa. E questo lo dico io e lo dice anche Bianca, cioè che l’Eros si esprime al meglio in un corpo sano, non anchilosato, recettivo. Peraltro il secondo Chakra si trova nell’addome e ha a che fare con l’intestino, il desiderio, l’attrazione, il piacere, la sessualità e il superamento dei legami con il passato. E’ dato empirico che avere quest’organo pulito e regolare contribuisca ad uscire da stati depressivi o d’ansia o di pensieri ossessivi (ma anche viceversa, nel momento in cui l’emozioni danno luogo a disturbi psicosomatici). Non si tratta di divulgazione medica, ovviamente, ma dei cosiddetti “vecchi rimedi”. Fra cui, per l’appunto, l’aglio, il quale è conosciuto come rimedio naturale per il benessere da ben prima che io mi mettessi a scrivere questo articolo o ne parlassi con Bianca.
La simbologia e le credenze sono complesse, ma a volte (non sempre) esprimono verità consolidate per via popolar-sperimentale. In Guascogna, ad esempio, è antica tradizione battezzare i bambini sfregandogli sulla lingua uno spicchio d’aglio con una goccia d’Armagnac, a dare forza e vigore. In Egitto, venivano somministrati agli schiavi costruttori, aglio e cipolle per preservarli dalle malattie. Forse per il fatto che, al contrario degli altri vegetali, germina in luna calante e appassisce in luna crescente, l’ aglio è stato sovente associato a forze demoniache e divinità infernali, donde le note corone d’aglio, dal potere difensivo contro gli spiriti maligni e – in fortunata concomitanza- eccellente vermifugo e decongestionante delle vie respiratorie. E’ comprensibile che solo all’idea qualcuno inorridisca – e certamente è anche questione di gusti – ma ci sono modi che rendono il suo consumo piacevole, altri un’esperienza quasi surreale.
Aceto dei quattro ladri.
Capita, ad esempio, che Bianca prepari l’aceto dei quattro ladri: antica ricetta marsigliese nella quale si fanno macerare nell’aceto di vino bianco alcune erbe (tra le quali lavanda, timo, salvia, ruta, menta, assenzio) e aglio affettato. Si lascia per quindici giorni, si filtra, e s’imbottiglia. Ne risulta un elisir dalle proprietà antisettiche, antimicotiche, antinfiammatorie, davvero efficace anche contro il mal di testa e il senso d’irrimediabile affaticamento. Da applicarsi come unguento o da berne un cucchiaino diluito con l’acqua è una pozione dal fascino medievale, di quelli intrugli che t’immagini circolare in magiche boccette vendute in secreti vicoli da personaggi con oscuri poteri. Eppure, funziona. Nella stessa Bibbia, Siracide ci dice che Dio ha dato all’uomo l’opportunità di guarirsi dalle malattie grazie alle erbe e ai prodotti della terra, che il medico dovrebbe saper miscelare e somministrare in quella che è una sorta di fitoterapia ante litteram. Di certo bisogna ammettere che se molti vegetali hanno potere disintossicanti, depurativi (come l’aglio anche il tarassaco) è vero anche che andrebbero evitati gli alcolici.
Ma Bianca sarebbe quasi indispettita da questa osservazione, dato che la gente di un certo folclore ha una tradizione alle spalle che li ha resi ben saldi nel loro gusto, per cui a chi rifiuta “il goto de vin “ venga tolta anche l’acqua. Peraltro Bianca appartiene ad un’epoca in cui i sapori erano vividi e rustici, non edulcorati come quelli di oggi. Anche nello scegliere il vino, la preferenza per una certa acidità è inevitabile. Vini eccessivamente amabili e smancerosi sono considerati poco interessanti e preferiscono di gran lunga l’imprevedibilità di un vino acido e minerale. A questo proposito, fra i vini che Bianca beve a pasto c’è il Raboso, dall’omonimo vitigno autoctono del Piave e le sue rive. Raboso perché rabioso, bisbetico, burbero, difficile ma sincero, come l’animo dei veneti DOP. Un vino che si potrebbe dire affettuosamente contadino. Un vino che accostato al savoir faire di Bianca – e alla sua conversazione di penombre e humour noir, o meglio, rubino, in un dialetto ricco di storia, con lo sguardo accattivante d’una fattucchiera buona, ma invero di donna vissuta – guadagna il suo abbinamento più azzeccato. Nota di colore: sempre quest’aglio (e a chi non si dà pace che ne parli porgo nuovamente le mie scuse), macerato nel vino Raboso per una decina di giorni, preso nella quantità d’un bicchiere ai primi segni d’infezione del cavo orale, dà un sollievo sorprendente. Peraltro, l’idea di scrivere di un argomento quasi tabù – quello dell’aglio- mi è venuta proprio l’altro giorno, quando, dall’umore un poco fiacco, in una sera da lupi di piovasco stagionale, sono passata da Bianca per un saluto. Lei, indovinando il mio appetito, ha improvvisato tale piatto rinvigorente: spaghetti all’aglio, olio e peperoncino, risottati nel vin raboso. Serviti belli, brodosi, con un pizzico di basilico, di colore scuro, pecioso. Da sbellicarsi dal ridere. Gustosissimi. Provateli!