Testimoniando l ‘AIDS in Africa
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Dicembre 5, 2015Un esperta di comunicazione analizza gli aspetti creativi del linguaggio pubblicitario odierno aprendo un dibattito tra i veri creativi e le scelte scontate delle agenzie di marketing.
di Novella Donelli
Mi piacerebbe scrivere un libro dal titolo “Com’è bello fare la pubblicità”, e raccontare come – anni fa – appena iniziato questo lavoro, avevo il sogno di firmare campagne pubblicitarie, pianificate sulle reti televisive nazionali. Nonostante abbia raggiunto questo obbiettivo ho visto con il passare degli anni che la creatività del settore è mutata, con un consolidamento verso spot poco creativi, esclusiva di poche agenzie internazionali dai nomi altisonanti.
Sarà deformazione professionale ma, spesso, davanti allo schermo televisivo guardo le pubblicità al posto dei programmi e mi rendo conto che la creatività di una volta, non esiste più.
La maggior parte dei fatidici 30 secondi sono incentrati sul famoso divo del cinema, sulla canzone del momento, oppure su immagini senza gusto tipo la macchia di sangue sul lavandino quando ti lavi i denti, per far passare un messaggio che – se non acquisti quel tal prodotto – ti potrebbero cadere tutti, per poi essere seguito da un altro che ti fa vedere come la tua dentiera possa essere fissata meglio “per avere sempre sorriso splendente”. Permettetemi un po’ di ironia, ma…. alla fine sono tutti prodotti delle stessa multinazionale.
Ma quanti di noi veramente associano George Clooney ad un caffè o ad un aperitivo? Noi donne ricordiamo solo la sua bellezza (a chi piace), e lui come tanti altri divi di Hollywood, non acconsente di apparire nelle stesse pubblicità nel suo paese d’origine, perché, questo tipo di immagine “superficiale”, potrebbe nuocere alla sua reputazione. Un pò come fanno certe star della musica internazionale che, volute dai cantati Italiani duettano con loro, ma – fuori dall’Italia – non vi è alcuna traccia del pezzo cantato insieme nel cd del cantante famoso: il più delle volte non si sono nemmeno incontrati, e tutto ciò per un puro “scambio commerciale” voluto dalle major discografiche che fanno parte delle stesse multinazionali.
Altro genere di spot è quello che porta l’utente all’esasperazione. Avete presente la bambina che ripete i principi di fisica per una nota compagnia aerea? L ‘abbiamo sentita così tanto che ci porta alla nausea, ma – mi chiedo – che effetto reale possa avere sulle vendite dei biglietti considerando i fattacci di cronaca che sfortunatamente hanno coinvolto la “compagnia sorella” gestita da quella interessata ?
Altra situazione è legare il mito di una pastiglia blu ad un’auto….se casualmente ti cade la compressa nel serbatoio questa aumenta di volume….ma per carità!
Va bene, direte voi…sono cambiati i tempi, la tecnologia fa quotidianamente parte della nostra vita…oramai gli amici non li vediamo più ma dialoghiamo con facebook e whatsApp…ma chi non vuole ancora la favola? Sedersi sul divano e vedere uno spot che ci faccia sognare, che ci racconti un prodotto…che ci distragga da tutte le preoccupazioni che ci attanagliano ogni giorno.
Torniamo alla realtà dei fatti, analizzando il settore auto vedo le solite cose, piloti che corrono per le strade e sotto le immagini che riportano il messaggio di “non imitarli”. Per arrivare ad uno spot di qualche mese fa: dove chi guidava era collegato alla “macchina della verità” e se diceva una bugia riceveva una scossa…oppure, non preoccupatevi se volete acquistare un auto da 60 mila euro…la pagate solo 299 euro al mese (NDR nessuno parla della rata di riscatto finale) e nel frattempo potete godervi viaggi ad alta velocità con il limite autostradale di 130 Km/h che, se superato, vi fa arrivare una multa in tutta comodità… questo mentre ascoltate nel vostro sfavillante mezzo, come il colosso delle industria automobilistica tedesca abbia truccato non solo le classifiche pubblicate dall’automobil club per anni, ma pure i test sull’ emissioni di sostanze inquinanti. Allora, a che serve tutta questa creatività? Ma forse questo non è un mondo per uomini duri e puri…
A noi donne invece, che siamo romantiche, piace rifugiarci nelle magnifiche campagne dei profumi (francesi), ….peccato che le testimonial siano sempre attrici o modelle che, solo con lo stacco delle gambe, arrivano alle spalle delle “comuni mortali”. Oppure le troviamo perennemente accompagnate da uomini affascinanti, irraggiungibili. Pensate ai bellissimi minuti di Chanel 5… tutto perfetto: attori, musica, fotografia, regia, storia…ma davvero comperiamo quella fragranza nella speranza che Cenerentola, con il solo profumo, trovi il principe azzurro? O davvero vogliamo puzzare come lady GAGA dopo un concerto?
Volutamente non ho menzionato lo yogurt, che ti regola l’intestino e che ti fa sorgere spontanea una domanda da fare alla testimonial “cavolo, ti vedevo stitica in televisione ma non credevo che fosse un problema intestinale” per non parlare di prodotti dietetici, assorbenti, deodoranti…cadrei troppo nel banale e nello scontato….
Una citazione a parte va sicuramente alle varie compagnie telefoniche, le quali – oltre che chiamarci tutti i giorni – ci tempestano di spot insulsi e scontati, con promozioni delle quali alla fine capisci poco o nulla…ma quanti quindicenni rompono le scatole ai genitori per farsi comperare l’ultimo modello di telefonino che fa le foto anche al buio oppure ti permette di chattare con l’amico seduto di fianco?
Il mio obiettivo è poter aprire un dialogo tra chi commissiona queste campagne, chi le “crea” e chi le deve subire. Capisco che il cliente ha sempre ragione, o quasi, ma tante volte si fa fatica a far passare un’idea originale anche perché…. cosa non si farebbe per il marketing (e di questo ne parleremo), ma vorrei che i “veri” creativi potessero tornare ad avere la possibilità di esprimersi con la loro vera originalità.
Non ci sarebbe bisogno in tutta questa confusione di quella meravigliosa idea creativa quale “silenzio, parla Agnesi”?
Comunque, questa è solo la prima puntata… la storia non finisce qui!!!