Diamanti nel piatto!
Maggio 17, 2016L’Europa degli elettori: prospettive di riforma per una UE più democratica
Luglio 8, 2016Noi di Dante facciamo sempre un’analisi che guarda oltre le cose impellenti per questo, di là dalla questione se il Regno Unito debba o no stare in Europa, cosa possiamo dire dell’Europa, qualsiasi sia il risultato referendario britannico?
Kevin Regan approfondisce quest’aspetto per i nostri lettori italiani.
di Kevin Regan
Il referendum che si terrà il 23 giugno in Gran Bretagna, qualsiasi sia il risultato, avrà sicuramente delle ripercussioni nel resto d’Europa. La difficile decisione per il popolo britannico è se, lasciando l’Europa, questa avrà la possibilità di migliorarsi. Se questo succederà, essere lasciati fuori da questo processo rinnovativo non sarebbe la cosa migliore.
E’ scontato immaginare come sarà redatta, nei prossimi cinque anni, la politica economica e monetaria dell’Unione Europea. E’ possibile prevederlo soprattutto in base al fatto che i principi economici che abbiamo visto applicati nell’Europa di oggi sono diventati dei punti fissi sia a livello politico che economico.
Un’Europa non riformata potrà solo mantenere lo status quo dell’attuale insoddisfazione e questo potrà essere solo di cattivo auspicio, sia per l’Europa sia per il resto del mondo.
Il referendum che si terrà il 23 giugno in Gran Bretagna, qualsiasi sia il risultato, avrà sicuramente delle ripercussioni nel resto d’Europa. La difficile decisione per il popolo britannico è se, lasciando l’Europa, questa avrà la possibilità di migliorarsi. Se questo succederà, essere lasciati fuori da questo processo rinnovativo non sarebbe la cosa migliore.
E’ scontato immaginare come sarà redatta, nei prossimi cinque anni, la politica economica e monetaria dell’Unione Europea. E’ possibile prevederlo soprattutto in base al fatto che i principi economici che abbiamo visto applicati nell’Europa di oggi sono diventati dei punti fissi sia a livello politico che economico.
Un’Europa non riformata potrà solo mantenere lo status quo dell’attuale insoddisfazione e questo potrà essere solo di cattivo auspicio, sia per l’Europa sia per il resto del mondo.
III) Le popolazioni dell’Est Europeo continueranno ad abusare delle possibilità di spostamento nei Paesi dell’Unione, con conseguente aumento del tasso di disoccupazione in tutta l’Europa: si moltiplicherà l’emigrazione interna e ci vorranno almeno due generazioni prima che si arrivi al punto in cui le loro “ nuove economie” comincino a crescere tanto da farli restare nei propri Paesi.
IV) L’emigrazione cosiddetta interna, proveniente dai Paesi dell’Est Europa, difficilmente si concentrerà su Paesi come Spagna, Italia, Portogallo o Grecia visto il livello già alto di disoccupazione e, per le ragioni che abbiamo elencato prima, sarà arduo vedere qualche miglioramento.
VI) Lo stesso dicasi per i Paesi Scandinavi, vista la situazione economica non proprio florida della Finlandia, quella della Norvegia che con il prezzo del petrolio cosi basso non può più contare sulle risorse economiche di un tempo per non parlare di Svezia e Danimarca, che dopo anni di accoglienza sono saturi ed hanno gia alzato le barriere.
VII) Altri Paesi come Irlanda, Belgio e Olanda, che hanno delle economie relativamente piccole, non possono assorbire che una minuscola frazione di quegli Europei che si spostano in cerca di una nuova vita lavorativa.
Di conseguenza, la destinazione economica primaria per gli Europei non potrà essere che la Gran Bretagna. Le persone che arrivano dall’Est Europa hanno già stabilito un nucleo importante nel Regno Unito e sono in continua espansione, ma anche l’afflusso di altri Paesi come Francia, Spagna e Italia stanno aumentando considerevolmente. Questo grazie al fatto che la lingua inglese è la seconda lingua parlata in Europa e anche perché la legge per le assunzioni nel Regno Unito è molto meno rigida che in altri Paesi europei e favorisce, di conseguenza, una maggiore disponibilità di posti di lavoro.
Analizziamo ora la proiezione dell’immigrazione nella Gran Bretagna nei prossimi cinque anni. I due o tre milioni stimati sono certamente troppo bassi, la cifra – vista la sclerosi dell’economia europea se non ci saranno riforme adeguate – sarà sicuramente più vicina ai cinque milioni. E questo senza tener conto della crescita della popolazione delle comunità asiatiche.
Nonostante l’immigrazione negli ultimi dieci anni sia stata oggetto di diverse controversie, non possiamo negare che ha portato anche dei benefici economici nel Regno Unito. Ma la questione ora è un’altra, ossia se il flusso eccessivo della migrazione, come sta avvenendo ora, non cominci a creare seriamente un effetto dannoso economico, sociale e culturale.
Ci sono risorse sufficienti, derivanti da una tassazione del ceto medio in Gran Bretagna, che possano coprire i costi strutturali necessari, includendo la spesa sanitaria, la scuola e il bisogno di case che una popolazione in netta esplosione richiede?
Nel Regno Unito ci sono già delle difficoltà enormi nel bilanciare il deficit attuale. Se l’Europa continuerà ad avere una scarsa crescita economica con un basso livello impiegatizio, unito al continuo flusso migratorio che sembra incontrollabile salvo che non si chiudano drasticamente le frontiere, la soluzione per queste persone di nazionalità europea e non, sarà inevitabilmente quella di raggiungere il Regno Unito.
Questa situazione sarà ancora più esasperata dal fatto che il salario minimo in Gran Bretagna continuerà ad essere più alto di quello degli altri Paesi europei.
I politici britannici che sono pro Europa parlano di un’economia in salute, ma non tengono in considerazione la qualità della vita. E’ tragico che le nuove generazioni di oggi non possano comprarsi la propria abitazione e abbiano difficoltà a pagarsi un affitto, visti i costi elevati.
La gente del Regno Unito si chiede non solo quale sarà la qualità della vita oggi, ma soprattutto come sarà nei prossimi cinque anni. Se sommiamo i numeri elencati in precedenza, ossia la crescita della popolazione interna con il flusso migratorio, nei prossimi venticinque anni la popolazione della Gran Bretagna potrà superare i venti milioni, arrivando a trovarsi nel 2040 con più di ottanta milioni di abitanti, e questo solo nello spazio di una generazione.
Questo referendum è rischioso certo: se dovesse vincere la scelta di uscire dall’Europa ci saranno sicuramente due anni di difficoltà economiche, anche perché la stessa Europa ci farà pagare questa specie di tradimento, che averra’ principalmente negli scambi economici che il blocco europeo ha con la Gran Bretagna e viceversa. La decisione che il popolo britannico deve prendere è se lasciare ed accettare le conseguenze che avverranno nel breve periodo oppure rimanere in un’Europa senza riforme con il risultato di vivere la stessa precarietà, ma con un’incertezza maggiore.
Qualunque sarà la decisione, il popolo Britannico avrà l’opportunità di salvare l’Europa perché l’uscita non potrà essere senza conseguenze e si spera potrà mettere in moto quel cambiamento che altri Paesi dell’Unione richiedono da tempo.