UNO SCANDALO BIANCO
Dicembre 20, 2016Una donna, una figlia nel ricordo del padre.
Febbraio 1, 2017di Sofia Cavalli
Parafrasando Carducci, si puo’ dire il cuore facilmente si rallegra con gli eventi atmosferici che influenzano i sentimenti umani. Ecco che “ La nebbia agli irti colli, piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar. Ma per le vie del borgo, dal ribollir dè tini, va l’aspro odor de i vini, l’anime a rallegrar……. “ In questa meravigliosa metamorfosi del paesaggio, i nostri sensi mutano, perdendosi nei ricordi della nostra infanzia, quando i cieli plumbei e il naso freddo conteggiavano alla rovescia l’arrivo del magico Natale.
Dico magico perché ritemgo che per la grande maggioranza dei bambini, Natale rappresenti un momento fatato, come sospeso nel tempo, dove i sogni si mescolano con la realtà e ogni istante sembra eternamente glorioso.
Anche per me era una notte speciale, il pensiero che Babbo Natale, scendesse dal camino, mangiasse un po’ di biscotti con latte e caffe che gli avevo preparato, ed esaudisse i miei desideri con i regali richiesti tramite la letterina, mi faceva trepidare di gioia!
Così spesso mi sedevo a fissare il nostro albero natalizio immaginando questo signore bonaccione e buongustaio, dal cuore infinitamente generoso, che sgobbava tutto l’anno per dare a tutte le famiglie un momento di autentica gioia.
Benché sia ora consapevole che si trattasse di una fantasia, rimane comunque sempre quel legame che associa l’ evento natalizio a quei prodotti tipici del Nord Italia, quelli che hanno forgiato il mio gusto, inverno dopo inverno – la polenta, il brodo di gallina, lo stufato, i canederli, i bigoli all’anitra, il radicchio trevigiano tardivo e molti altre immancabili leccornie che non potevano mancare nel pranzo di Natale, fastoso o frugale, poco importava, l’unico ingrediente davvero irrinunciabile era ed e’ tutt’ ora il vino che lo accompagnava.
Galileo Galilei, affermava che il vino è umore e luce: l’ umore della terra e l’ estratto della luce, che la vite restituisce attraverso i suoi frutti. La mineralità del terreno e l’energia solare, vengono trasmessi dal calice direttamente al cuore. Qui in Veneto, c’è un noto proverbio che recita: “el vin bon, fa bon sangue”. Il vino buono fa buon sangue, e lo conferma il fatto che il vino buono ha il potere di sollevare gli animi al momento del convivio, sciogliendo la tensione e ripulendo il sangue dai sentimenti negativi. Per questo motivo, per una festa che riunisce la famiglia e addolcisce gli animi come il Natale, suggerisco il mio vino preferito: il Nebbiolo.
Il Nebbiolo è un vitigno facilmente definibile come un classico senza tempo. Autoctono del Piemonte, è senz’altro la varietà italiana più nobile e complessa, la cui più autentica espressione avviene con l’invecchiamento dei suoi vini. Viene così chiamato sia perché i suoi grappoli scuri ricoperti di spessa brina, sia perché nella zona geografica di cui è tipico, la sua vendemmia tardiva avviene tra la sedicente nebbia novembrina. Infatti, le origini di questo vitigno si trovano in uno dei paesaggi più suggestivi d’Europa per quanto riguarda il miraggio caliginoso dei vigneti dispersi nella bruma, sorta dalle rossastre colline d’autunno, nella quale questi sembrano galleggiare.
Con uno scenario così enigmatico e fiabesco non c’è da stupirsi che le uve, dai suoi suoli calcareo – argillosi fino a quelli più sabbiosi del fiume Roero, assorbano questi preziosi contenuti e atmosfere per trasmetterli nei vini più pregiati che l’Italia offre. Il più noto è il Barolo, un vino che proviene non solo dalle uve del Nebbiolo, ma soprattutto dalla sapienza e dall’antica tradizione che ne fa uno dei vini più apprezzati al mondo.
La versione più basica di questo vitigno, il Nebbiolo delle Langhe, è il mio preferito, per questo lo regalo agli amici e lo accompagno alle libagioni natalizie. Un vino assolutamente adatto all’invecchiamento, pur mantenendo un’intrigante giovialità e freschezza. Infatti, a differenza del fratello Barolo, il Nebbiolo non è un vino pesante ed estremamente fine nei suoi tannini delicati. Un vino che, per intenderci, potrei paragonare al Pinot Noir, con la sua texture dallo stile estremamente raffinato, ma non per questo serioso, rigido o inflessibile. Il Nebbiolo, infatti, ha un sapore di classe ma brillantemente accattivante, capace di accompagnare con disarmante charme qualsiasi piatto, dalla pasta al risotto, carni bianche e rosse e ogni tipo di formaggio.
Per quanto riguarda il Natale, abbino il Nebbiolo con le tipicità della cucina veneta, che la tradizione vuole servite proprio in questo giorno: il pasticcio al radicchio, i bigoli con il sugo d’anitra e per concludere sempre abbiamo l’immancabile e squisito, ma sempre umilissimo, lesso di manzo con la salsa di rafano. Arrivati al dolce, si può star certi che nel frattempo il vino sia già finito (si sa che quando un vino è proprio buono, la bottiglia è sempre bucata e in un attimo magicamente svuotata…). E’ quindi il momento del tipico dessert vicentino: la Bussolà, una ciambella dolce che si serve in questo giorno. Certo, tutti piatti molto semplici ma, parafrasando (molto) liberamente Proust, non bisogna sottovalutare i piatti semplici perché in questi sta il cuore della gente.
Bere e mangiare è essenziale per il nostro sostentamento, ma il degustare le libagioni, il convivio, sono le cose che nutrono l’anima e sono occasioni di pace. Non solo la pace col prossimo, ma anche la pace interiore che è quella primaria, da cui ogni altro equilibrio armonioso deriva. Come diceva John Lennon nella mia canzone natalizia preferita, “war is over if you want it”, quando siamo in pace con noi stessi, siamo in pace col mondo. Che c’entra col vino? Il vino c’entra sempre. E’ simbolo della mescolanza coi fratelli, del gaudio, della riconciliazione. Quello spirito che accompagna nella lavorazione dell’uva la preparazione del vino: cioè la mensa imbandita di cuori aperti, pulsanti, che gioiscono della vita e, devotamente insieme, ne rendono grazie.
Buone Feste!