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Maggio 15, 2018Arte e Committenza Ieri e Oggi
Febbraio 11, 2019Le riflessioni del produttore televisivo Remy Blumenfeld su sua madre, la scultrice inglese Elena Blumenfeld.
Ad Hollywood si dice che non si dovrebbe mai lavorare con bambini o animali, e come produttore televisivo potrei tranquillamente aggiungere anche di non lavorare mai con la propria madre, anche se recentemente ho finito un documetario di un’ora proprio su di lei, la scultrice Helaine Blumenfeld, e devo dire la verità: entrambi abbiamo sentito che il progetto ci ha riavvicinati molto.
Helaine Blumenfeld è forse una delle scultrici di successo più conosciute nel mondo di oggi. Dopo aver raggiunto la veneranda età di 77 anni, le viene ricordata la sua tecnica di scultura che si ispira alle forme greche delle cycladi e al futurismo, creando così un vocabolario culturale tutto suo e affermandosi come un’eccellenza.
Le sue opere sono state esibite insieme a Henry Moore nella galleria di Alex Rosenberg a New York e nel 1985 ed è diventata la prima donna a vincere il premio internazionale di scultura “Premio Pietrasanta e la Versilia nel mondo” nel 2007.
Helaine Blumenfeld però è forse più conosciuta per le suo opere monumentali su commissione, ed è molto attiva nel portare la scultura ad un pubblico più vasto, creando lavori che sono diventati parte integrante del paesaggio naturale del Regno Unito. I suoi lavori più conosciuti sono Fortuna nel parco Jubilee a Canary Wharf, Tempesta, la scultura installata nel 2012 che guarda Hyde Park a Londra, e più recentemente l’Albero della Vita all’Istituto Wolf di Cambrige.
Ovviamente sono molto orgoglioso di quello che fa e dei suoi meriti, ma non è sempre stato così facile per me e mio fratello Jared avere una mamma come lei.
Ricordo che da bambino i miei genitori si spostavano sempre: sono nato a Parigi ma all’età di 6 anni avevo già vissuto anche a Vienna e New York, finchè finalmente decisero di fermarsi nel paesino di Grantchester vicino a Cambridge, in Inghilterra.
Volevo solo essere parte di qualcosa che reputavo normale, in una realtà in cui essere normale, essendo ebreo e gay, non era molto facile; ma prima ancora di sapere quale fosse il vero significato di quelle parole, avevo a che fare anche questa madre eccentrica. I suoi vestiti appariscenti e i gioielli che indossava erano fonte di grande imbarazzo mentre crescevo; altre persone magari pensavano che lei fosse incredibilmente chic, ma ai miei occhi sembrava una zingara.
Come potevo mai immaginare nella mia realtà di bambino, che quei gioielli che indossava avrebbero fatto parte un giorno della mostra permanente nel Victoria and Albert Museum vicino ad Alexander Calder ed Elisabeth Frink.
Quella donna che vedevo sempre più colorata era diversa dalle altre madri in tutto ciò che faceva. Per esempio, quando andavo a casa dei miei amici mangiavo cibi tradizionali inglesi, come salsicce e fagioli con una fetta di pane tostato, ma quando i miei amici venivano da me mangiavano il cibo marocchino che mia madre aveva preparato o quello giapponese della nostra ragazza alla pari. Nella mia testa pensavo:“Perchè mia madre non può essere un po’ più come le altre?” Sono sicuro che ci ha provato, ma hai miei occhi non ci riusciva abbastanza.
Helaine viveva e vive tutt’ora un’esistenza parallela tra l’Inghilterra e l’Italia dove scolpisce ed per tutti la signora Elena.
Da bambino, sentivo che il lavoro di mia madre era la sua forza di vita tanto quanto il suo essere madre, ma non ho mai odiato il suo lavoro, odiavo il tempo che trascorreva nel farlo.
C’è una storia forse significativa che mamma mi racconta sempre: un giorno mentre stava lavorando su uno dei sui pezzi entrai nel suo studio, presi una degli attrezzi e cominciai a martellare sul pezzo al quale stava lavorando. Pare io abbia detto: “Mamma, stavo parlando con te e non ti sei nemmeno accorta che sono entrato nella stanza”. Personalmente non ricordo questa storia ma se lo dice lei vuol dire che è vera.
All’età di 8 anni, mia madre passava due settimane a casa e due lavorando a Pietrasanta, in Italia. Quando ero ammalato lei mi diceva: “Se non vuoi che io vada in Italia domani non ci vado” ed io rispondevo:“No! So che è importante per te”.
Volevo fare l’ometto, ma ciò che volevo in realtà era che restasse. Invece lei è sempre andata, e siccome amavo immensamente mia madre la mia rabbia e risentimento si focalizzarono su mio padre, lo scrittore Yorick Blumenfeld.
La dedizione per la sua arte è sempre stata fonte di vita: per il mio compleanno come regalo mi dava dei collage da fare mentre mio padre mi scriveva una storia.
Non c’erano cose normali nella mia famiglia. Io e mio fratello Jareed siamo stati così inclini nel costruire quella agognata normalità nelle nostre vite perchè la nostra infanzia sembrava essere così caotica da essere tutto tranne che normale. Jared è ambientalista nato ed è stato messo a capo dal presidente Obama nel distretto 9 dell’EPA (Enviorment Protection Agency), l’agenzia per la protezione dell’ambiente che comprende gli stati della California, Arizona, Nevada e le Isole del Pacifico.
Non ricordo di essere mai andato in vacanza con i miei genitori perchè non le abbiamo mai fatte. Solo ora capisco che parte della mente di mia madre è sempre stata occupata con il pezzo e la forma sul quale stava lavorando tanto da non avere tempo per nient’altro. I genitori dei miei amici andavano in giro a comprargli cose, portarli al cinema o allo zoo, mentre noi non abbiamo mai fatto nulla di tutto questo, ricordo solo le lunghe conversazioni e lettere.
Quello che è strano però è che tutte le cose con cui mi confrontavo con mia madre durante l’adolscenza sono quelle cose che ora celebro da adulto. A volte mi sorprendo come io sia così simile a Helaine, e come crescendo i miei valori si siano allineati con quelli dei miei genitori.
Quando mia madre stava a casa con noi in Inghilterra ci dedicava la totale attenzione e voleva sapere tutto di noi; era un’esperienza intensa e tutt’ora lo è. Ad esempio, quando scendevo per la colazione mamma ci chiedeva i sogni che avavamo fatto quella notte e sono cresciuto pensando che tutto questo fosse normale.
I mie genitori non si aspettavano che noi fossimo felici, erano più interessati al fatto che noi fossimo appagati con quello che dovevamo imparare. Se per caso ero dispiaciuto per non essere stato invitato da un amico alla festa del suo compleanno, Helaine invece di dire “oh povero figlio mio!” oppure “okay, non lo invitare alla tua festa!” diceva: “Che razza di amico vuoi essere per lui?”
Solo ora riesco a comprendere che queste erano delle vere e proprie lezioni di vita importanti per una buona crescita.
Fino all’età di 11 anni la mia relazione con mia madre era meravigliosa e dai trenta in su lo è diventata ancora di più, ma tra questi due periodi ho provato a prendere le distanze dai miei genitori, entrambe persone creative e con dei valori in linea con i miei, per cui non c’era nulla di reale contro cui ribellarsi.
Immagino che essere gay poteva sembrare ai miei occhi una fase di ribellione, perchè non conoscevo nessuna persona che fosse così. E forse anche perchè non sapevo davvero di cosa si trattatte decisi di non dirlo ai miei fino all’età di 21 anni.
Mia madre disse che lo aveva capito senza che io lo dicessi; verso gli 8-9 anni disse che aveva in un certo modo sentito che ci poteva essere quella possibilità, ma la cosa non la disturbava affatto perchè ha sempre visto la sessualità come una forma di crescita della vita.
In un qualche modo la mia vita è stata molto simile all’esperienza così magistralmente descritta dal film di Luca Guadagnino “Chiamami col tuo nome”, la pellicola che ha dato l’Oscar a James Ivory nel 2018 per il miglior adattamento tratto dal libro di Andre Aciman.
A volte penso che durante il processo di crescita ho sopravvalutato la mia capacità di trattare con mamma: mi scriveva delle lettere lunghissime esprimendo i suoi sentimenti e le sue complesse emozioni e per me era semplicemente troppo, al punto che dovetti dirle che non ce la facevo a leggerle e di non scrivermi più.
Oggi, oltre a produrre programmi televisivi ed aiutare gente creativa nel settore televisivo, do il mio supporto a imprenditori come Life Coach con 1000months.org, il tutto grazie ad un training che ho fatto per diventare consigliere che mi ha sicuramente aiutato a comprendere meglio le mie relazioni, non solo con il prossimo ma anche con mia mamma.
Ecco perchè mi sono sentito pronto a produrre un documentario su di lei intitolato Hard Beauty : Helaine Blumenfeld, che attualmente sta girando su SKY ART nel Regno Unito ed è distribuito a livello internazionale con il titolo di “Sculpting Dream” (sculture da sogno).
Volevo spiegare ad una audience più vasta come mia madre lavora, trasformando un pezzo enorme di argilla in un scultura di 5 tonnellate di marmo insieme a tutto il suo processo evolutivo.
Precedentemente nel 2013 ho prodotto un altro documentario per la BBC4 su mio nonno, il fotografo Erwin Blumenfeld intitolato The Man Who Shot Beautiful Women, (l’ uomo che ha fotografato donne bellissime) che presto verrà presentato anche su RAI 2.
Produrre un film su mia madre mi sembrava un altro importante passaggio per onorare lei il suo straordinario lavoro in un mondo dominato principalmente da uomini.
Nel film il direttore del Museo Getty di Los Angeles, Timothy Potts, dice: “E’ incredibile come Helaine Blumenfeld, in questo periodo delle sua vita, continui ad avere così tanto successo con nuovi lavori e riconoscenze di ogni genere sia sul piano dei collezionisti privati sia dalle istituzioni pubbliche. Molti artisti raggiungono l’apice del loro successo nel mezzo della loro vita ma poi lentamente si ha una fase di declino artistico.
Non è sicuramente il caso di Helaine Blumenfeld che continua a mietere successi evolvendo i suoi lavori artistici in maniera più ambiziosa di sempre. Sono sicuro che il lavoro di Helaine sopravviverà al test del tempo ed avrà un posto non solo nella storia del XX ma anche del XXI secolo”
Per me produrre Hard Beauty, che è diretto dal mio amico Rupert Edwards, è stato come un processo di guarigione catartica. Con mio fratello Jared ci siamo intervistati a vicenda su quanto importante e complesso fosse avere Helaine come mamma, e ci siamo commossi e divertiti ricordando insieme quelle esperienze fatte da piccoli.
Quello che è certo però è che Helaine ci ha preparato e cresciuto in un certo modo alle nostre vite di oggi e per questo possiamo solo renderle merito e ringraziarla.